In un lontano giorno dell'aprile 1922, nella grande sala del Campidoglio in Roma, presente il Principe Erede, il segretario della commissione della prima Olimpiade Universitaria chiamò ad alta voce il nome di Umberto Lilloni, vincitore nella classe della pittura. Vi fu un silenzio prolungato. Mentre fra i ministri e le autorità che facevano ala al principe, si determinava una certa perplessità, il segretario ripetè forte il nome di Umberto Lilloni. Questa volta una voce squillante rispose «presente»: un giovanotto si alzò dal fondo della sala, l'attraversò con passo deciso, si fermò davanti ai personaggi, con un corretto inchino strinse la mano che Umberto gli tendeva sorridente, ricevette medaglia, diploma e congratulazioni, infìlò la testa nella corona d'alloro che il ministro dell'istruzione pubblica teneva alzata a due braccia, ringraziò con un altro inchino, e fra gli applausi della folla di invitati riguadagnò il posto in fondo alla sala.
Quel giovane non era Umberto Lilloni. Era un amico di Lilloni, si chiamava Peppino Ingegnoli e aveva così risolto il dramma dell'autentico premiato che, paralizzato dall'emozione e dalla timidezza, continuava a stare immobile sulla sedia accanto, la fronte rorida di sudore. Usciti dal Campidoglio, in una trattoria fuori mano, assenti il principe e i ministri ma presenti altri giovani pittori, Lilloni veniva incoronato col lauro alla fine della cena, riceveva medaglia, diploma e congratulazioni e naturalmente pagava per tutti.
Strana timidezza quella di Lilloni, sol che si pensi che nella guerra 1915-18 l'allora giovanissimo pittore - che era nato nel 1898 - era stato combattente e decorato nei battaglioni d'assalto sul Carso e sul Piave.
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I Lilloni sono di Medole non si sa da quante generazioni. Forse anche il capostipite nacque fra quella pacata gente dell'Alto Mantovano, sobria e lavoratrice, che deve sgobbare di buona schiena per strappare messi e frutti alla terra non certo prodiga. Da tempo immemorabile la gente del luogo chiama i maschi della famiglia Lilloni non col nome o col cognome, ma con l'attributo di « Capo ». Il perchè non è bene accertato. Sembra che l'origine dell'appellativo discenda da un Lilloni, avo di Umberto, che sarebbe stato il capo di una banda di briganti; ma se le leggi della ereditarietà hanno un sia pure minimo significato, bastano a smentire la incerta leggenda, gli occhi limpidi del pittore e il suo faccione straordinariamente ottimista che non richiama certo tenebrosi pensieri.
Francesco Lilloni suo padre, era un bravo mobiliere, attivo e intelligente. Un fratello di questi, il notaio Luigi Lilloni acquistò fama di sconcertante originalità a Poggio Rusco dove visse lungamente e dove si spense. Il padre di Umberto avrebbe voluto iniziare il ragazzo nella sua stessa attività artigiana, tanto più che rivelava eccellenti attitudini al disegno. Ma il giovane la pensava diversamente e il richiamo potente della pittura agì ben presto sul suo spirito candidamente fidudoso, portato alla interpretazione figurativa della natura, particolarmente delle piante e delle acque. Non senza contrasti perciò, potè iniziare gli studi che lo condussero ben presto all' Accademia di Brera dove, allievo di Tallone e di Alciati, impose le eminenti qualità che lo condussero ad eccellere rapidamente. Il suo vero maestro però fu Emilio Gola alla cui espressione si mantenne fedele pure affermando la propria riconoscibile personalità.
Invitato a tutte le Biennali veneziane dopo il 1928; insegnante per quindici anni all'Accademia di Brera che l'aveva avuto discepolo; vincitore nel 1922 oltre che della citata Olimpiade Universitaria, del Premio Hayez; nel 1927 del Premio Principe di Piemonte; nel 1933 del Premio Fornara e della medaglia d'oro del ministero dell'Educazione Nazionale per i Premi Golfo di Spezia; nel 1935 ancora del Premio Fornara; nel 1937 della medaglia d'oro alla Mostra universale di Parigi, del Premio per il Paesaggio Monzese r di quello per il Paesaggio Lecchese; nel 1939 del Premio Ricci, del Premio alla Mostra di Bergamo Antica e del secondo premio del Paesaggio Italiano; nel 1941 del secondo premio alla Mostra di Bergamo; nel 1946 del Premio Burano; nel 1947 del secondo premio per il Paesaggio del Garda; nel 1950 del Premio acquisto Michetti, per non citare che i più significativi, Lilloni ha esposto con successo in quasi tutte le capitali europee, ed ha avuto acquistate sue opere da Vittorio Emanuele III, dal Presidente Einaudi, e nello scorso anno dalla regina Federica di Grecia.
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